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18/02/2023 Recensione “La casa senza ricordi” di Donato Carrisi

Editore ‏ : ‎ Longanesi; 3° edizione (29 novembre 2021)
Lingua ‏ : ‎ Italiano
Link d’acquisto: qui
Copertina rigida ‏ : ‎ 400 pagine

Sinossi

Un bambino senza memoria viene ritrovato in un bosco della Valle dell’Inferno, quando tutti ormai avevano perso le speranze. Nico ha dodici anni e sembra stare bene: qualcuno l’ha nutrito, l’ha vestito, si è preso cura di lui. Ma è impossibile capire chi sia stato, perché Nico non parla. La sua coscienza è una casa buia e in apparenza inviolabile. L’unico in grado di risvegliarlo è l’addormentatore di bambini. Pietro Gerber, il miglior ipnotista di Firenze, viene chiamato a esplorare la mente di Nico, per scoprire quale sia la sua storia…

La mia opinione

“La casa senza ricordi” del maestro del thriller Donato Carrisi è il secondo volume di una trilogia che vede protagonista Pietro Gerber, uno psicologo infantile, la cui specializzazione è l’ipnosi. Peter Gerber è chiamato “l’addormentatore di bambini”. Sotto lo sfondo di una Firenze cupa e casali lontani e abbandonati, Gerber viene chiamato per risolvere il caso di un bambino, Nico, scomparso da anni insieme alla madre. Il bambino non parla e non ricorda nulla, ma la cosa più spaventosa è che i suoi occhi sono sempre aperti.

Per lo psicologo, che sta attraversando un periodo difficile della sua vita, inizia un lavoro difficile che lo porterà a dubitare di sé stesso.

«C’è un posto dentro di noi, remoto e sconosciuto. Gli ipnotisti lo chiamano la stanza perduta. Nessuno sa esattamente dove si trovi e come ci si arrivi. È una specie di ripostiglio dove negli anni accantoniamo tutto ciò che non ci piace di noi stessi o le scorie del nostro inconscio.»

Per un mio errore, causa il modo sbrigativo con cui a volte scelgo gli audiolibri,  “La casa senza ricordi”, è stato il primo della trilogia che ho ascoltato, non sapendo che in realtà fosse il secondo, ma nonostante tutto, grazie alla bravura dell’autore e alla voce narrante di Alberto Angrisano, bravissimo lettore e attore, sono stata coinvolta completamente dalla storia. Non sapevo cosa fosse capitato a Peter Gerber nel primo libro, la sua vita inizialmente sembra perfetta, ma poi piano piano si svela, insieme alla sua sofferenza. 

Una sofferenza e un dolore profondo che lo confonde e che in un modo soffocante, sconvolge chi legge la sua storia.

Lo psicologo infantile nella sua fragilità di uomo, sa che la sua missione è aiutare chi soffre e Nico è un bambino, da riportare indietro, da liberare da una prigione che lo ha privato del suo essere.

Peter Gerber non sa che però qualcosa ha imprigionato anche lui ed è vicino e lo controlla.

Le storie di Carrisi, sono come un puzzle o direi più puzzle di cui piano piano si trovano i pezzi e si ricompongono. Come si può manipolare la mente di un uomo e un bambino? Non è facile discernere ciò che è vero da ciò che è ingannevole.

Il finale poi riporta al primo romanzo, dove alcuni pezzi del puzzle sono rimasti irrisolti; lascia il lettore con un senso di frustrazione su ciò che accade a Peter Gerber e al piccolo Nico.

Se volete leggere qualcosa di forte, adrenalinico e che tiene il lettore in uno stato di attesa e angoscia, questo romanzo vi porterà nei meandri della mente umana, dubitando di voi stessi, proprio come succede al protagonista.

Il mio voto è

5 pinguini ascoltatori.

A presto,

la vostra blogger Lucia.

29-05-22 Recensione “KOKO” Trilogia della rosa blu. Vol. 1 di Peter Straub

Autore: Peter Straub
Traduttore: Sofia Mohamed
Editore: Fanucci
Collana: Narrativa
Link d’acquisto qui
Pagine: 564 p., Brossura
Costo cartaceo: 20,00 euro
Costo ebook: 9,90 euro
Anno edizione: 2020

Trama

Solo quattro uomini sanno chi è Koko. E devono fermarlo. Sono trascorsi ormai molti anni dalla fine della guerra in Vietnam quando quattro reduci appartenenti allo stesso plotone si ritrovano a Washington: un pediatra, un semplice operaio, un avvocato e uno scrittore. Non hanno nulla in comune. Il motivo del loro incontro è legato al passato, a un unico traumatico episodio, improvvisamente rievocato da un agghiacciante fatto di cronaca. A Singapore si sta verificando un’efferata catena di inspiegabili delitti firmati da un misterioso killer che lascia su ogni vittima, orribilmente sfigurata, una carta da gioco sulla quale è scarabocchiato il nome “Koko”. Solo loro ne conoscono il significato e sanno che non hanno tempo da perdere. Dai cimiteri e bordelli dell’Estremo Oriente alla giungla umana di New York, daranno la caccia a qualcuno che è risorto dall’oscurità per uccidere, uccidere e uccidere ancora.

La mia opinione

“Koko” di Peter Straub, edito dalla Fanucci Editore, è il primo capitolo della Trilogia de “La Rosa Blu”. Parla di quattro uomini Poole, Conor, Tina e Beevers, che durante un raduno di reduci della guerra del Vietnam, combattuta dal 1955 al 1975, prendono la difficile decisione di ritornare in quel luogo e di cercare un loro vecchio compagno di guerra, convinti che sia l’artefice di terrificanti omicidi. Il loro obiettivo è fermarlo.

Un viaggio che li porterà, da Saigon a Bangkok, definita dall’autore, come la Calcutta thailandese, un luogo dove la perdizione della mente e del corpo è sempre in agguato.

Tra presente e passato, la storia porta il lettore a immergersi in uno stato di angoscia e paura. Angoscia perché chi legge si sente quasi soffocare dal ricordo dei protagonisti e da chi, come Koko, mente criminale e malata, non può fare a meno di uccidere. Uccidere per vendetta, ma anche a caso. Uccidere chi si presente nel suo cammino e farlo in un modo orribile. E poi la paura di rivivere l’incubo della guerra. Momenti spaventosi che neanche il tempo può cancellare. Gli effetti che la guerra crea sugli uomini sono così devastanti che mai e poi mai chi l’ha vissuta sulla propria pelle riuscirà a vivere una vita normale: la morte e il male lo accompagneranno sempre.

Un romanzo troppo prolisso: ben 560 pagine. Mentre leggevo non ho potuto fare a meno di notare una somiglianza con lo stile del maestro Stephen King, con cui Peter Straub ha lavorato a quattro mani nella stesura del “Il Talismano”. Ci sono diversi omaggi al Re del terrore, che al lettore appassionato vanno subito all’occhio. Lunghe descrizioni, lunghe analisi personali e tanto orrore. Avendo da poco letto “IT”, in Koko c’è anche un riferimento al pagliaccio, al mostro che pervade l’anima degli uomini. Il male che si annida nell’uomo e che porta ad altro male. L’autore porta a vivere e ad immedesimarsi con il personaggio che vive in quel momento la scena. Ci sono, infatti, diversi punti di vista nella storia e c’è anche quello dello stesso Koko.

Ma non mancano i riferimenti ad altri romanzi, come “Gli ambasciatori” di Henry James e “Le storie di Babar” Jean de Brunhoff, non facenti parti del mondo di King;  i protagonisti di “Koko” leggono e uno di loro scrive romanzi: romanzi oscuri.

Come già detto la storia pecca di lunghezza, di eccessive descrizioni, e di storie di qui si poteva fare anche a meno di raccontare. Anche la descrizione di alcuni episodi, che attraverso la memoria dei protagonisti, vengono ripetuti e rivissuti più volte, ma con punti di vista diversi.

Mentre la storia va avanti, si capisce come l’autore voglia mostrare al lettore che l’origine del male è qualcosa che non nasce dal nulla, ma nasce da altro male; si radica piano piano nell’animo umano, diventa sempre più forte fino ad esplodere. Un episodio, un vissuto, tanti vissuti, possono cambiare per sempre la vita di un uomo trasformandolo in un mostro.

Sicuramente una storia che merita di essere letta, per conoscere un autore che forse sta all’ombra di King, ma che come stile e come bravura non si può considerare meno. Per me è stata una scoperta, ma proprio perché ultimamente non  amo molto i libri troppo lunghi e troppo descrittivi, il mio voto è:

3,5 pinguini lettori.

A presto,

la vostra blogger Lucia.

Ringrazio la casa editrice per la copia omaggiata.

Alcune immagini sono tratte da internet