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27-09-2023 Rubrica“ La scrittura e i suoi generi letterari – Parte due – La tecnica del “Mostrato” – “Show, don’t tell”

Ciao amici,

continuiamo a parlare della tecnica del “Mostrato” insieme allo scrittore Massimo Valentini, che mostrerà alcuni esempi molto utili a chi vuole cimentarsi con questa tecnica di scrittura.
Se avete domande o delle idee, scrivete pure nei commenti.

PARTE DUE – LA TECNICA DEL “MOSTRATO – SHOW, DON’T TELL”
DI MASSIMO VALENTINI

Benvenuti alla seconda parte della nostra velocissima carrellata sul “Mostrato”. Oggi vedremo un paio di esempi pratici relativi a tale tecnica di scrittura.
Vi ricordo che il “Mostrato” serve a evitare il “raccontato” ma ciò non significa che questo sia inutile, soprattutto nelle scene di raccordo. In quelle, cioè, dove non è necessario mostrare i personaggi e ciò che fanno, ma solo lo svolgersi degli eventi. L’equivalente cinematografico delle scene “raccontate” sono quelle in cui, ad esempio, il protagonista deve affrontare un viaggio in aereo e la telecamera mostra la sagoma del velivolo sorvolare pianure e montagne fino all’atterraggio. Esattamente come in un romanzo, la scena “raccontata cinematografica” serve da raccordo sulle scene ritenute importanti dal regista per le quali non serve usare molta pellicola (parole, nel caso di uno scrittore!)

In un libro, una scena di raccordo potrebbe essere riassunta molto facilmente:

“L’aereo impiegò due ore per portarmi a destinazione.”

È innegabile che usare il “Mostrato” sia più difficile che scrivere in “Raccontato”. Proprio perché macchinoso obbliga lo scrittore a scegliere con attenzione le scene da descrivere (quindi quelle basilari per la storia) escludendo le altre. Una leggenda metropolitana vedrebbe il “Mostrato” come tratto distintivo di un romanzo composto secondo criteri artistici.” Non è così. Possiamo imparare il “Mostrato” in una qualsiasi scuola di scrittura, anche senza possedere “la stoffa” dello scrittore, perché la differenza tra un romanzo definibile “artistico” e uno mainstream è più sottile e riguarda aspetti che non affronteremo in questa rapida disamina. Padroneggiare il “Mostrato” consente a chiunque di scrivere bene, il ché non è esattamente un vantaggio da poco.

Poniamo il caso che io stia scrivendo una storia che vede come protagonista un anziano. Come detto prima, scrivere in “Mostrato” obbliga lo scrittore e stilare un piano mentale della sua storia al fine di scegliere le scene importanti e scartare le altre. Quindi il nostro autore si porrà, nel caso di un protagonista di una certa età, domande del tipo:

Perché devo far vedere che Marco è anziano?

A cosa serve, per la trama, la vecchiaia?

Come posso far VEDERE al lettore che Marco è anziano?

Potrei forse MOSTRARLO con occhiali spessi, cammina in modo goffo, guida la macchina con particolare prudenza e molti automobilisti lo sorpassano, usa un bastone per i suoi spostamenti a piedi?

Ricordo che scegliere cosa mostrare e cosa raccontare è fondamentale per la buona riuscita di un libro, non importa il Genere al quale appartenga. Un libro scritto in “Mostrato” è qualitativamente irraggiungibile da uno scritto solo in “Raccontato” perché “Mostrare e non raccontare” è uno dei cardini della narrativa. Vediamo ora la differenza tra una scena scritta in Mostrato e la stessa scena scritta in Raccontato. La prima differenza che salta all’occhio è il lavoro di documentazione che l’Autore ha fatto per descrivere quella scena. Non potete mostrare ciò che non sapete, potete solo raccontarlo. Esempio:

“Giovanna si è seduta nella cabina dell’F-16 e ha fatto decollare l’aereo.”

È chiaramente raccontato. All’Autore non importa (e non sa) nulla di come si pilota un caccia e si vede.

Poniamo invece la stessa scena in Mostrato

“Giovanna sedette nel cockpit dell’F-16. Collegò il suo corpo al seggiolino eiettabile fissando bene i terminali del sistema di sicurezza e azionò l’interruttore di avviamento. Il motorino si accese con un sibilo. Giovanna ne poteva vedere la pressione sull’apposito quadrante alla sua sinistra. Attivò la radio e impostò la piattaforma inerziale. L’hud si accese a nuova vita, mostrando le indicazioni di quota e velocita, ora sullo zero. Col propulsore al venti per cento della potenza la ragazza ruotò la manopola dell’acceleratore spostandola sul fermo del minimo. Il motore raggiunse il cinquantacinque per cento della potenza con un latrato, i ruotini si mossero e lei sentì la spinta del singolo F-404 sulla schiena. Controllò il pannello delle armi. Sei missili a medio raggio AMRAAM C-6 e due Sidewinder a breve raggio sulle tip alari. Il carico di missione era completato da due taniche da 300 galloni. Soddisfatta, Giovanna attivò il radar di bordo e agì sulla cloche pe portare l’F-16 dal raccordo alla pista di decollo. Era pronta.”

Come vedete, se volete mostrare qualcosa dovete documentarvi. Va bene, è più difficile, ma diciamo le cose come sono: è anche molto meglio!

Massimo Valentini

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19-09-2023 Rubrica“ La scrittura e i suoi generi letterari: la tecnica del “Mostrato” – “Show, don’t tell”

Ciao a tutti,

oggi mi rivolgo sia ai lettori che agli scrittori, come vi avevo anticipato in un precedente articolo, riprende la rubrica “La scrittura e i suoi generi letterari” in collaborazione con lo scrittore e divulgatore Massimo Valentini, autore de “Il sogno di Nova“, romanzo di fantascienza. Se nelle puntate precedenti abbiamo parlato di generi letterari, adesso inizieremo a parlarvi di alcune tecniche di scrittura. In questo articolo, che sarà sviluppato in più parti, vi parliamo del “Mostrato”, una tecnica pseudo-moderna che a mio parere, permette al lettore di immaginare di più e quindi di far funzionare meglio il cervello.
Lascio la parola a Massimo Valentini e, come sempre, aspetto i vostri commenti.

LA TECNICA DEL “MOSTRATO – SHOW, DON’T TELL”
DI MASSIMO VALENTINI

“Mostrare e non raccontare” (in inglese “Show, don’t tell”è il nome di una tecnica narrativa che serve agli scrittori perché evitino l’astratto in nome del concreto. È letteralmente la base della tecnica narrativa, soprattutto per quel che concerna la Narrativa Fantastica, quella che nel mondo anglosassone è chiamata “Speculative Fiction” (e quindi Fantascienza e Weird in primis) ma non solo. Con questa breve panoramica vorrei aiutare chi legge a capire i rudimenti di questa basilare tecnica di scrittura. Ma partiamo con ordine…

“Il Mostrato” è antico, molto antico. Le sue origini sono vecchie di qualche secolo e parlano la lingua giapponese. Il primo accenno sullo “show don’t tell” lo dobbiamo infatti alla felice intuizione di Sugimori Nobumori (Kyoto, 1653 – Osaka, 1725, anche noto come Chikamatsu Monzaemon) un drammaturgo noto nell’ambito del Teatro Kabuki e dello Joruri, ma che scriveva anche narrativa. Quando doveva spiegare a un allievo quale fosse il modo migliore perché un attore potesse far capire al suo pubblico le emozioni Nobumori-san così rispondeva:

…Si crea emozione quando tutte le parti sono controllate da una disciplina; più nette e precise sono parole e melodia, più si creerà un’impressione di tristezza. Per questa ragione, quando qualcuno dice che qualcosa di triste è triste, si perde l’impressione di tristezza che è minima. È essenziale che non si dica che qualcosa “è triste”, ma che la cosa sia triste in sé. Per esempio, quando si elogia un luogo rinomato per il suo paesaggio come Matsushima, dicendo: “Ah, che bella vista!” si è detto quello che si potrebbe dire sul paesaggio, ma senza creare emozione. Se si vuole lodare il paesaggio e si dicono diverse cose indirettamente riguardo il suo aspetto, la bellezza del paesaggio emergerà da sola, senza che si debba dire: “Che bella vista.”

Il signor Nobumori, (che in seguito sarà ricordato come “lo Shakespeare giapponese” per il suo capolavoro Kokusenya Kassen, “Le battaglie di Coxinga”, 1715) aveva in pratica dato una definizione perfetta del Mostrato. Talmente buona che ancora oggi è una valida traccia per scrivere usando questa tecnica.

In Occidente uno dei primi a riscoprire questa tecnica di scrittura fu l’abate George Campbell che scrisse nel 1750 “The Philosophy of Rhetoric”, un voluminoso saggio col quale spiegava gli stessi concetti di Nobumori-san ma in modo meno poetico. Ecco un estratto del suo lavoro:

“Niente può rendere vivida la narrazione quanto l’uso di parole specifiche nel loro significato, come meglio si adatta alla natura e allo scopo del discorso. Più i termini sono generici, più l’immagine è sbiadita; più i termini sono specifici, più l’immagine è vivida.”

Anche Campbell, quindi, anche se non diretto come il giapponese, sapeva bene cosa fosse il Mostrato.

Qualche esempio

Abbiamo già detto che il Mostrato privilegia i dettagli concreti invece di quelli generici. Ma a cosa serve? Essenzialmente a evitare il “Raccontato” ossia le descrizioni generiche che non rendono giustizia ai dettagli di una storia.

Se io scrivo: “Giovanna è una ragazza giovane.”

Il termine “giovane” è astratto quindi è “raccontato”.

Come si fa a volgerla in “mostrato”?

Così: “Giovanna ha la pelle liscia, i capelli neri e lucidi, ama gli One direction, indossa spesso mini rosa pastello e il suo ultimo film visto è “Me contro te.”

Questa frase non è niente di trascendentale ma è già più ricca di un semplice “Giovanna è giovane” perché la MOSTRA MEGLIO: dunque ci troviamo di fronte al “Mostrato”. Se Giovanna fosse vecchia la descriveremmo nell’atto di scendere faticosamente una scala, curva, magari col fiatone. E naturalmente il suo volto sarebbe rugoso.

Ma perché il mostrare è preferibile al raccontare?

Perché il cervello umano, se nutrito da dettagli concreti, “vive” le situazioni descritte. In pratica grazie a questa tecnica il cervello si cala nella storia col raccontato che invece non garantisce la stessa risposta emotiva, non trascina il lettore. Per apprezzare appieno un libro scritto in Mostrato non serve conoscerlo perché 100 pagine scritte in questo modo sono istintivamente preferite dal nostro cervello ad altrettante di “raccontato” che può risultare noioso anche a un neofita. Per il momento ci fermiamo qui ma nella prossima puntata vedremo altri esempi più mirati e vedremo in che modo il “Mostrato” aiuti l’Autore a evitare vari errori tipici dei neofiti e non solo.

A presto!

Massimo Valentini.

N.B. Se avete pareri o curiosità, lasciate pure un commento.

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15/09/2023 Recensione “Una ragazza d’altri tempi” di Felicia Kingsley

Editore ‏ : ‎ Newton Compton Editori (5 settembre 2023)
Lingua ‏ : ‎ Italiano
Link d’acquisto qui
Copertina rigida ‏ : ‎ 512 pagine

A chi non piacerebbe vivere nella Londra di inizio ’800, tra balli, feste e inviti a corte? Di certo lo vorrebbe Rebecca Sheridan, perché a lei il ventunesimo secolo va stretto: vita frenetica, zero spazio personale e gli uomini… possibile che nessuno sappia corteggiare una ragazza?
Brillante studentessa di Egittologia e appassionata lettrice di romance Regency, Rebecca ama partecipare alle rievocazioni storiche in costume e, proprio durante una di queste, accade qualcosa di inspiegabile: si ritrova sbalzata nella Londra del 1816. Superato lo shock iniziale, realizza di avere un’opportunità unica: essere la debuttante più contesa dagli scapoli dell’alta società, tra tè, balli e passeggiate a Hyde Park. Mentre è alla ricerca del suo Mr Darcy, attira però l’attenzione dell’uomo meno raccomandabile di Londra: Reedlan Knox, un corsaro dal fascino oscuro e dalla reputazione a dir poco scandalosa. Insomma, il genere d’uomo che una signorina per bene non dovrebbe proprio frequentare. Ma quando Rebecca scopre segreti inconfessabili e trame losche dell’aristocrazia, il suo senso di giustizia le impone d’indagare…

Oggi vi parlo di Terzo libro che leggo di quest’autrice. La trama mi ha attirato da subito: viaggi nel tempo, una Londra del 1800, la ricerca di un mister Darcy, la presenza di un corsaro e una studentessa che studia l’antico Egitto. Posso già anticipare che non sono stata affatto delusa. È stata una lettura coinvolgente dalla prima all’ultima pagina. Non riuscivo a staccarmene.

La protagonista è Rebecca Sheridan, una giovane studentessa di egittologia che vive a Londra, orfana e senza molti soldi. Sogna però di vivere nel passato e in particolare nel periodo della Regency.

Per fare un breve ripasso storico il periodo della Regency è il decennio 1811-1820  e prende il nome dalla reggenza del Principe di Galles, Giorgio Augusto Federico. Ci troviamo in un periodo storico felice per gli inglesi dopo la vittoria contro Napoleone.

Per puro caso Rebecca si trova catapultata proprio nella Londra del 1816, data scelta non a caso dall’autrice.

Tutto avviene in modo così rapido che anch’io mi sono sentita confusa. Stare nel passato però non è proprio come lei sognava, la realtà è differente e di molto, soprattutto per una giovane debuttante in cerca di marito come lei. Per le donne non è facile vivere in una società di altri tempi, soprattutto se si ha la lingua lunga e non si riesce a stare al proprio posto. In questo tempo è necessario: stare attente e non morire, non ammalarsi e godersi la vita mondana. Ma tutto diventa difficile quando all’improvviso un crimine sconvolge l’aristocrazia di Londra e la vita stessa di Rebecca. Ma non è solo questo a sconvolgere Rebecca perché arriva nella sua vita Reedlan Knox, il suo bello poco raccomandabile vicino di casa.

La protagonista dovrà fare una scelta: rimanere nella Londra del 1816 o ritornare nel suo tempo, ma prima dovrà risolvere un omicidio e non lascerà Londra prima di averlo risolto.

“Una ragazza di altri tempi” è un romance storico , ma anche un mistery, veloce, dinamico e mai noioso. Il periodo della Regency non è tutto balli, abiti sontuosi e luci, ma intrighi, relazioni, tradimenti in cui la donna è trattata dagli uomini come una merce di scambio.

Ci sono momenti della storia in cui l’autrice ci mostra una Londra sbagliata, quella dei bassifondi, delle prigioni e dei manicomi, dove a chi è rinchiuso vengono fatte delle cose inimmaginabili e spaventose.

Attraverso questo viaggio nel passato si mette a confronto il passato e il presente della donna; quanta strada è stata fatta e quanta ancora se ne deve fare.

Felicia Kingsley si dimostra di nuovo bravissima nel creare un personaggio perfetto, a raccontare una storia frizzante, ma allo stesso tempo fedele al periodo storico che racconta. Riesce a farci innamorare dei protagonisti: Rebecca e Reed.

Questa volta il personaggio maschile mi è piaciuto molto, oltre ad essere bello e affascinante, come lo sono solitamente i protagonisti maschili della Kingsley, è un uomo che a prima vista può spaventare, ma via via che si va avanti con la storia mostra tutta la sua forza, il suo coraggio e il suo animo buono.

Sul viaggio nel tempo avrei da dire qualcosa, forse troppo rapido, ma in fondo non è un romanzo di fantascienza, dove le spiegazioni devono essere accurate, basta poco per spiegare cosa è successo a Rebecca e come tutto sia stato possibile. Una piegatura del tempo? Ok l’accetto. Poche parole e la storia prende vita in una lontana Londra del 1800.

Il finale, invece, mi ha un po’ confuso. Forse troppo frettoloso e poco chiaro su alcuni aspetti.

Ovviamente non mancano le scene esplicite, poche ma buone, che danno un tocco hot alla storia, quindi lo consiglio ad un certo tipo di pubblico.

Questo romanzo di ben oltre quattrocento pagine, ha tutto: avventura, amore, passione, amicizia, coraggio e una buona dose di humor che rendono le storie della Kinsley incantevoli.

Ho scoperto quest’autrice lo scorso anno e dei romanzi che ho finora letto, questo va in cima alla classifica per la storia in sé e per i personaggi. Anche stavolta Felicia Kingsley mi ha fatto sognare e mi ha regalato il piacere della lettura.

Il mio voto è:

4,5 pinguini lettori.

Se vi va, lasciate pure un commento. Mi fa sempre piacere.

Ringrazio la casa editrice per la copia digitale.

A presto,

la vostra blogger Lucia.

Alcune immagini sono prese da internet e costituite da materiale largamente diffuso. Qualora il loro uso fosse soggetto a diritto d’autore, provvederò alla loro pronta rimozione in seguito alla segnalazione via email.


Felicia Kingsley La regina del romance italiano
È nata nel 1987, vive in provincia di Modena e lavora come architetto. Con la Newton Compton ha pubblicato Matrimonio di convenienza; Stronze si nasceUna Cenerentola a ManhattanDue cuori in affittoLa verità è che non ti odio abbastanzaPrima regola: non innamorarsiBugiarde si diventaNon è un paese per single (i cui diritti sono stati opzionati per una trasposizione cine-televisiva); Ti aspetto a Central Park; Una ragazza d’altri tempi; i romanzi brevi Il mio regalo inaspettato Appuntamento in terrazzo e la novella Innamorati pazzi. I suoi romanzi sono pubblicati in dodici Paesi. Ha inoltre ideato il diario di lettura Booklover.

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07/09/2023 Recensione “Qui, solo Qui” di  Christelle Dabos”

Editore ‏ : ‎ E/O (14 giugno 2023)
Costo: ‎ 16,00 euro
Genere: Dark fantasy
Link d’acquisto: qui
Copertina flessibile ‏ : ‎ 234 pagine

Sinossi

È il primo giorno di scuola, il primo di un nuovo inizio. Iris si guarda attorno, orfana della sorella più grande che adesso la ignora e non la vuole più tenere per mano. Osserva e vede le minacce nascoste dentro le mura dell’edificio scolastico, le vere regole che reggono il “gioco” dentro l’istituzione, tra i ragazzi. E decide che terrà duro qualsiasi cosa accada. Ma cosa avviene in realtà dentro la scuola? Impronte di scarpe sui soffitti come se qualcuno camminasse a testa in giù, banchi che si spostano da soli, il Club Ultrasegreto che raccoglie alcuni allievi alla ricerca di una sostanza misteriosa che provoca le stranezze della scuola e poi…

La mia opinione

“Qui, solo qui”, è un titolo strano per un romanzo altrettanto strano. L’autrice è Christelle Dabos che con la saga fantasy “L’Attraversaspecchi” ha scalato le classifiche mondiali. Io stessa ne sono rimasta affascinata. Trovate la recensione completa qui.

“Qui, solo qui” è un romanzo dalle tinte oscure che racconta in chiave fantasy e non solo, il periodo dell’adolescenza, in particolare il periodo della scuola media.

Premetto che in Francia la scuola media, a differenza che in Italia, consta di 4 anni. L’ultimo anno corrisponde al primo anno di scuole superiori da noi. Un periodo piuttosto lungo per i giovani francesi.

Entrando nel personale il periodo della scuola media, per la sottoscritta, è stato terribile: troppi cambiamenti fisici e mentali; incontri graditi e non graditi; un luogo da dove è meglio uscire subito. Quando finalmente ho messo piede al liceo, ho iniziato a respirare.

In questo romanzo si racconta appunto del disagio dei ragazzi, dal momento che mettono piede a scuola al momento in cui varcano l’uscita senza farne più ritorno. Qui, è una scuola media, dove accadono cose strane, dove l’orologio è rotto e indica sempre la stessa ora: 14:28. Un ora in cui accadono cose fuori dal normale. Ma “Qui”, come spesso viene ribadito, può essere in un altro luogo, un’altra scuola, dove le cose accadono allo stesso modo, ma con studenti e insegnanti diversi.

I punti di vista sono differenti e sono quelli di quattro ragazzi, ognuno con un disagio differente. C’è però anche il punto di vista di una giovane professoressa, al suo primo incarico, che ha frequentato la stessa scuola. Lei stessa ha paura e si sente risucchiata in un vortice di emozioni che aveva rimosso da tempo.

Avendo letto ” L’Attraversaspecchi” mi aspettavo un romanzo diverso, invece, sono stata travolta da paura e angoscia. Le stesse emozioni dei protagonisti, che cercano di sopravvivere alle angherie, ai soprusi, ad atteggiamenti non solo da parte di compagni, ma anche dagli stessi professori. Questi ultimi sembrano indifferenti a ciò che accade attorno; indifferenza verso atteggiamenti di bullismo e odio verso i più deboli.

Sembra che a “Qui” i ragazzi e gli insegnanti siano soggetti a qualche sorta di incantesimo spaventoso e che dalle tubature delle fogne possa venir fuori ad un certo punto una creatura mostruosa, ma in realtà la creatura mostruosa è già venuta fuori: sono gli stessi ragazzi che si nutrono delle paure degli altri e delle loro stesse paure.

“Qui, solo qui” l’ho letto velocemente perché è un libro che si fa leggere, ma non credo sia adatto a tutti. Il linguaggio è scurrile e pesante, messo nella bocca di bambini alle prese con un mondo nuovo che fa paura. C’è solitudine, amicizia, dolore e invisibilità.

Giovani ragazzi invisibili anche alle proprie famiglie; Bruchi che diventano farfalle; Giganti con la faccia da poppanti.

Per concludere “Qui, solo qui”, è un libro che può piacere e non piacere. Bisogna capirlo e guardare oltre le metafore. Inoltre ci sono delle parti che mi hanno lasciato un po’ confusa, ma credo che la confusione sia stata anche voluta.

Penso anche che l’autrice abbia scritto questo romanzo a più riprese e che scriverlo per lei sia stata una sorta di liberazione.

Il mio voto è

4 pinguini lettori.

Se vi va, lasciate un commento; alimentate così questo piccolo blog.

A presto,

la vostra blogger Lucia.