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10/02/2020 Recensione romanzo: “Storia del nuovo cognome. L’amica geniale volume 2 “di Elena Ferrante

PREMESSA

“Storia del nuovo cognome” di Elena Ferrante è il secondo capitolo della serie de “L’ amica geniale”.

E’ passato esattamente un anno da quando lessi per la prima volta di Elena e Lina, protagoniste di questa storia, ma è come se fossero passati solo pochi giorni, perché la loro storia non ti lascia, ti entra nella testa ed è difficile che sfugga via.

Anche questa volta sono riuscita a finire il romanzo e scriverne la recensione prima dell’uscita della serie tv, che sarà stasera, così da apprezzarla e capirla di più.

La prima stagione mi è piaciuta molto. Credo che anche la seconda non sarà da meno, considerando che questo secondo capitolo mi è piaciuto ancora più del primo.

SINOSSI

“Capii che ero arrivata fin là piena di superbia e mi resi conto che – in buona fede certo, con affetto – avevo fatto tutto quel viaggio soprattutto per mostrarle ciò che lei aveva perso e ciò che io avevo vinto. Lei naturalmente se ne era accorta fin dal momento in cui le ero comparsa davanti e ora stava reagendo spiegandomi di fatto che non avevo vinto niente, che al mondo non c’era alcunché da vincere, che la sua vita era piena di avventure diverse e scriteriate proprio quanto la mia, e che il tempo semplicemente scivolava via senza alcun senso, ed era bello solo vedersi ogni tanto per sentire il suono folle del cervello dell’una echeggiare dentro il suono folle del cervello dell’altra”. Ecco “Storia del nuovo cognome”, secondo romanzo del ciclo de “L’amica geniale”. Ritroverete subito Lila ed Elena, il loro rapporto di amore e odio, l’intreccio inestricabile di dipendenza e volontà di autoaffermazione.


La mia opinione

“Storia del nuovo cognome” inizia dove si era concluso “L’amica geniale”.  Le scarpe donate a Marcello Solara da Stefano Caracci, adesso marito di Lina, distruggono le attese di lei, mostrandole chi è veramente il marito, un uomo, vittima di un sistema di favori e favoritismi, di rispetto e di violenze in un rione di Napoli che cerca di sfuggire alla miseria e al grigiore che lo pervade. Stefano, che a Lina era sembrato un uomo buono, capace di liberarla dalla povertà e dalla famiglia che l’aveva costretta a rinunciare ai suoi sogni, si ritrova imprigionata in un matrimonio violento, schiava di un marito, che si trasforma nell’orco di cui aveva paura da bambina: Achille che, come uno spirito dall’aldilà, si impossessa del corpo di suo figlio Stefano.

Elena Greco che racconta di Lina come un’osservatrice attenta, capace di scavare dopo anni nella psiche umana. Lei, coetanea di Lina, che rincorre e sfugge da lei, spaventata dalla sua vicinanza, ma allo stesso tempo attratta come una calamita.

Elena, detta Lenù, che pur accrescendo la sua ambizione, diventa sempre più insicura, soffocata dai pregiudizi, dall’invidia verso l’amica, che reputa più intelligente, più caparbia, più sicura e anche capace di fronteggiare le avversità a testa alta.

L’odore della povertà pervade le pagine di questo romanzo, senza mai abbandonarlo. La paura di non riuscire a farcela, di battersi per migliorare se stessi in un contesto sociale che è fatto di botte, insulti, pregiudizi, dolore e ignoranza. Una parte di una Napoli dove le donne soffrono e vengono sopraffatte, quasi schiacciate da alcuni uomini, incapaci di andare al di là dei loro istinti primordiali; mentre altri anche dove vivono uomini combattenti che cercano di fuggire dalla miseria e dall’ignoranza che li accompagna dalla nascita.

Le parole di questo romanzo scorrono veloci, travolgono come un’onda, portano lontano dal rione per scoprire nuove passioni. Le protagoniste, da adolescenti piene di aspettative per il loro futuro, diventano donne.

La vita è piena di sorprese e questo romanzo ti sorprende come la vita.

L’amore che sembra l’unica ancora di salvezza, può fare impazzire e annebbiare i sensi, ma può anche liberare l’anima.

Lina, che all’inizio del romanzo sembra avere toccato il fondo, fantasma di sé stessa, scopre l’amore e quasi per magia riscopre la vera sé.

Personalmente, Lina, rimane il personaggio più bello, ma è attraverso le impressioni di Lenù che la sua vita viene raccontata.

Ho detestato Lenù, per quasi tutto il romanzo, ma alla fine ho capito che le scelte che ha fatto hanno inizio dal forte legame con Lina. Elena senza Lina, Lina senza Elena non esisterebbero così come sono state raccontate a noi lettori.

Elena per sfuggire alla miseria e alle sue origine,  lotta con le unghie e con i denti, si sacrifica, si umilia, mente a tutti compresa sé stessa. Spaventata anche lei dall’orco che, per lei, non ha la forma di Achille, ma ha la consistenza della miseria, visibile dai suoi abiti usati, dalle sue scarpe vecchie, dal suo parlato sguaiato. Tutto ciò lo nasconde alla gente che incontra nel suo cammino e che spera possa salvarla dall’orco.

Alla fine nessuno le salva. Non c’è un principe che le libera dalla torre e dal mostro che le perseguita, ma loro stesse con il coraggio e la forza che le caratterizza, riescono a spiegare le ali e a spiccare il volo per cercare l’emancipazione.

Ho apprezzato questo romanzo più del primo, forse per maggiore dinamicità, per la crescita difficile delle sue protagoniste, per il suo evolversi pagina dopo pagina e per la sorpresa che mi ha suscitato. 

Lo consiglio a chi ama le storie della vita, il passato di una Napoli che cerca di rinascere dai sogni dei suoi figli.

Il mio voto è

5 pinguini lettori.

Aspetto come sempre i vostri commenti.

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