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26/10/2024 La scrittura e i suoi generi letterari: il self publishing

Il self publishing

Ciao amici,

ritorniamo con la rubrica: “La scrittura e i suoi generi letterari”, in collaborazione con lo scrittore Massimo Valentini. Oggi parliamo di Self publishing. Sicuramente ne avrete sentito parlare, soprattutto chi vive nel mondo dell’editoria. Può capitare, infatti, che anche uno scrittore legato all’editoria tradizionale possa chiedersi se pubblicare attraverso una casa editrice o fare tutto da sé. Vediamo allora di conoscere brevemente i pro e i contro di questo genere di pubblicazione. Lascio la parola a Massimo, scrittore instancabile ed eccellente divulgatore.

Stai scrivendo un romanzo e non vuoi rivolgerti a un editore tradizionale
perché pensi che il tuo testo sia troppo originale e quindi sarebbe poco
capito? Probabilmente sai già che esiste il self-publishing, ma di cosa
parliamo, esattamente

Esempio di self publishing: immagine presa da internet

Che cos’è il self-publishing?
É il processo di pubblicazione di un libro senza un editore. I libri autopubblicati esistono dall’invenzione della macchina da stampa, ma dobbiamo dire che solo con la diffusione di internet il self si è diffuso in tutto il mondo. Nel self-publishing, l’autore è responsabile di tutti gli aspetti del suo libro: dall’autopubblicazione all’editing alla correzione di bozze, al marketing e alla distribuzione.
A cosa serve?
Scrivere un libro richiede tempo e fatica perché servono risorse, tempo, voglia di fare e di fare pubblicità:
Scrittura, per poterlo realizzare;
Editing, per affinarlo;
Grafica, per la copertina e l’impaginazione;
Marketing, per la promozione.
Essere carenti sui primi aspetti renderà il tuo libro mediocre, esserlo sugli ultimi non ti permetterà di esprimere al meglio il tuo testo

Esempio di self publishing: immagine presa da internet

Come diventare self publisher?
Il processo di autopubblicazione inizia con la scrittura di un manoscritto.
Gli autori possono utilizzare software di desktop publishing per creare un layout del libro finale e inviare il file a siti come Yucantprint, Lulu Press o Amazon. Spesso questi siti propongono anche correzione di bozze, impaginazione, grafica per la copertina, editing. Una volta caricati i file, e pagati i soldini, la piattaforma produrrà copie del libro che verranno spedite agli acquirenti. Potresti anche non accettare di pagare per l’editing o pagare meno per la copertina ma attenzione perché, così facendo, otterresti un libro imperfetto. Stesso discorso per l’editing: uno scrittore, anche se lavora come Editor nella vita reale, NON PUO’ editare il proprio testo perché lo conosce troppo bene. Serve quindi un professionista che quel testo non lo ha mai esaminato e possa evidenziarne pregi e difetti. E l’editing ha un costo: si va dalle 5 euro a cartella in poi per un editing di buon livello. La correzione di bozze, ossia trovare ed eliminare refusi, costa meno, 2/3 euro a cartella. Se non sai così una cartella niente paura: 1800 battute, spazi inclusi, (in pratica, una pagina di formato standard).

Esempio di self publishing: immagine presa da internet

Nel mondo
L’autopubblicazione è un’opzione popolare da molti anni. Nel mondo anglosassone si è diffuso da tempo ma oggi anche nel Bel Paese molti lo usano con soddisfazione. I potenziali guadagni sono interessanti. Lo scrittore di una piccola casa editrice tradizionale (naturalmente NO EAP) ricava circa un euro su ogni copia venduta, ma in cambio non deve pagare nulla perché pensa a tutto la Casa Editrice. E se poi pubblica con una media o big CE riceve anche un anticipo sui guadagni. Ma un freelance che sappia di marketing e conosca il fatto suo può guadagnare, dipende dalle piattaforme, anche 6/7 euro a copia.

È ben visto?
Dipende dalla mentalità. È indubbio che una casa editrice tradizionale, e non parlo solo della Mondadori, dia più prestigio all’Autore perché lo ha selezionato e perché ci mette la faccia (il proprio marchio). E parliamoci chiaro, cosa preferireste tra una borsa di Gucci o una senza marca? Il paragone è lo stesso. Altra cosa, gli auto pubblicati di norma non arrivano in libreria mancando di fatto un editore (ma esistono librerie che li accettano). Però, se hai scritto un buon libro, lo hai curato in ogni dettaglio, hai usato una bella copertina sappi che potrai raggiungere le tue soddisfazioni. A patto però di aver lavorato bene sia sul versante libro sia su quello della promozione.

di Massimo Valentini

Massimo Valentini è uno scrittore, divulgatore freelance e pubblicista italiano, nato a Cosenza nel 1973. È stato nella redazione di Voyager Magazine, la rivista ufficiale dell’omonima trasmissione televisiva, e ha collaborato col Giornale dei Misteri, il più antico mensile sull’insolito, curandone la rubrica “Il detective della scienza”. Nel 2007 la Falco Editore ha stampato la sua raccolta di racconti fantastici Alfa e Omega e nel 2008 il romanzo Ultima Thule. La 0111 Edizioni ha pubblicato le sue raccolte di racconti Quattro ombre azzurre (2009), Sulle ali di Althaira (2009) e Gabbiani delle Stelle (2011). Nel 2012 il racconto Alpha e Omega è apparso sul numero 482 del Giornale dei Misteri e la Lettere Animate Edizioni ha pubblicato il suo romanzo Primus, l’uomo che sognava di vivere, uno dei pochi esempi di bizzarro fiction del panorama letterario italiano. Il racconto Ritorno a casa è stato pubblicato nella miscellanea Calabresi per sempre (Edizioni della Sera, Roma, 2019). In Giappone è stato pubblicato 特別な女の子涼子 (Tokubetsuna on’nanoko Ryōko, “Ryoko, una ragazza speciale”) tratto dal suo racconto breve Lei, e 運命の女涼子 (Unmei no jo Ryōko, “Ryoko, donna del mio destino”) a sua volta tratto dal suo racconto Ryoko, principessa metropolitana.
Il sogno di Nova è il suo terzo romanzo.

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19-09-2023 Rubrica“ La scrittura e i suoi generi letterari: la tecnica del “Mostrato” – “Show, don’t tell”

Ciao a tutti,

oggi mi rivolgo sia ai lettori che agli scrittori, come vi avevo anticipato in un precedente articolo, riprende la rubrica “La scrittura e i suoi generi letterari” in collaborazione con lo scrittore e divulgatore Massimo Valentini, autore de “Il sogno di Nova“, romanzo di fantascienza. Se nelle puntate precedenti abbiamo parlato di generi letterari, adesso inizieremo a parlarvi di alcune tecniche di scrittura. In questo articolo, che sarà sviluppato in più parti, vi parliamo del “Mostrato”, una tecnica pseudo-moderna che a mio parere, permette al lettore di immaginare di più e quindi di far funzionare meglio il cervello.
Lascio la parola a Massimo Valentini e, come sempre, aspetto i vostri commenti.

LA TECNICA DEL “MOSTRATO – SHOW, DON’T TELL”
DI MASSIMO VALENTINI

“Mostrare e non raccontare” (in inglese “Show, don’t tell”è il nome di una tecnica narrativa che serve agli scrittori perché evitino l’astratto in nome del concreto. È letteralmente la base della tecnica narrativa, soprattutto per quel che concerna la Narrativa Fantastica, quella che nel mondo anglosassone è chiamata “Speculative Fiction” (e quindi Fantascienza e Weird in primis) ma non solo. Con questa breve panoramica vorrei aiutare chi legge a capire i rudimenti di questa basilare tecnica di scrittura. Ma partiamo con ordine…

“Il Mostrato” è antico, molto antico. Le sue origini sono vecchie di qualche secolo e parlano la lingua giapponese. Il primo accenno sullo “show don’t tell” lo dobbiamo infatti alla felice intuizione di Sugimori Nobumori (Kyoto, 1653 – Osaka, 1725, anche noto come Chikamatsu Monzaemon) un drammaturgo noto nell’ambito del Teatro Kabuki e dello Joruri, ma che scriveva anche narrativa. Quando doveva spiegare a un allievo quale fosse il modo migliore perché un attore potesse far capire al suo pubblico le emozioni Nobumori-san così rispondeva:

…Si crea emozione quando tutte le parti sono controllate da una disciplina; più nette e precise sono parole e melodia, più si creerà un’impressione di tristezza. Per questa ragione, quando qualcuno dice che qualcosa di triste è triste, si perde l’impressione di tristezza che è minima. È essenziale che non si dica che qualcosa “è triste”, ma che la cosa sia triste in sé. Per esempio, quando si elogia un luogo rinomato per il suo paesaggio come Matsushima, dicendo: “Ah, che bella vista!” si è detto quello che si potrebbe dire sul paesaggio, ma senza creare emozione. Se si vuole lodare il paesaggio e si dicono diverse cose indirettamente riguardo il suo aspetto, la bellezza del paesaggio emergerà da sola, senza che si debba dire: “Che bella vista.”

Il signor Nobumori, (che in seguito sarà ricordato come “lo Shakespeare giapponese” per il suo capolavoro Kokusenya Kassen, “Le battaglie di Coxinga”, 1715) aveva in pratica dato una definizione perfetta del Mostrato. Talmente buona che ancora oggi è una valida traccia per scrivere usando questa tecnica.

In Occidente uno dei primi a riscoprire questa tecnica di scrittura fu l’abate George Campbell che scrisse nel 1750 “The Philosophy of Rhetoric”, un voluminoso saggio col quale spiegava gli stessi concetti di Nobumori-san ma in modo meno poetico. Ecco un estratto del suo lavoro:

“Niente può rendere vivida la narrazione quanto l’uso di parole specifiche nel loro significato, come meglio si adatta alla natura e allo scopo del discorso. Più i termini sono generici, più l’immagine è sbiadita; più i termini sono specifici, più l’immagine è vivida.”

Anche Campbell, quindi, anche se non diretto come il giapponese, sapeva bene cosa fosse il Mostrato.

Qualche esempio

Abbiamo già detto che il Mostrato privilegia i dettagli concreti invece di quelli generici. Ma a cosa serve? Essenzialmente a evitare il “Raccontato” ossia le descrizioni generiche che non rendono giustizia ai dettagli di una storia.

Se io scrivo: “Giovanna è una ragazza giovane.”

Il termine “giovane” è astratto quindi è “raccontato”.

Come si fa a volgerla in “mostrato”?

Così: “Giovanna ha la pelle liscia, i capelli neri e lucidi, ama gli One direction, indossa spesso mini rosa pastello e il suo ultimo film visto è “Me contro te.”

Questa frase non è niente di trascendentale ma è già più ricca di un semplice “Giovanna è giovane” perché la MOSTRA MEGLIO: dunque ci troviamo di fronte al “Mostrato”. Se Giovanna fosse vecchia la descriveremmo nell’atto di scendere faticosamente una scala, curva, magari col fiatone. E naturalmente il suo volto sarebbe rugoso.

Ma perché il mostrare è preferibile al raccontare?

Perché il cervello umano, se nutrito da dettagli concreti, “vive” le situazioni descritte. In pratica grazie a questa tecnica il cervello si cala nella storia col raccontato che invece non garantisce la stessa risposta emotiva, non trascina il lettore. Per apprezzare appieno un libro scritto in Mostrato non serve conoscerlo perché 100 pagine scritte in questo modo sono istintivamente preferite dal nostro cervello ad altrettante di “raccontato” che può risultare noioso anche a un neofita. Per il momento ci fermiamo qui ma nella prossima puntata vedremo altri esempi più mirati e vedremo in che modo il “Mostrato” aiuti l’Autore a evitare vari errori tipici dei neofiti e non solo.

A presto!

Massimo Valentini.

N.B. Se avete pareri o curiosità, lasciate pure un commento.