Ti racconterò tutte le storie che potrò-Agnese Borsellino con Salvo Palazzolo

10/03/2017 Ti racconterò tutte le storie che potrò – Agnese Borsellino con Salvo Palazzolo Editore: Feltrinelli

Collana: Universale economica

Anno edizione: 2015

Formato: Tascabile. Rilegato. Ebook.
Pagine: 199

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Descrizione

Di Paolo Borsellino, del suo esempio e del suo lavoro di contrasto alla mafia, si è sempre molto parlato. Negli ultimi tempi, forse, si parla più della sua morte, dei misteri che la avvolgono, delle trame che si sono consumate prima e dopo di essa. Ma della famiglia Borsellino, dell’uomo anziché del giudice, dei figli e della moglie, non si sa molto. Fin dai primi, terribili giorni dopo l’attentato di via D’Amelio, infatti, la moglie Agnese e i figli Lucia, Manfredi e Fiammetta – allora poco più che adolescenti – hanno mantenuto uno stretto riserbo e sono intervenuti solo raramente nel dibattito mediatico. Per questo la pubblicazione delle memorie di Agnese Borsellino rappresenta un vero e proprio caso editoriale….

Non posso fare una vera recensione di questo libro, perché non si tratta di un romanzo o di una biografia qualsiasi, ma di qualcosa di più. Parla della vita di uomo, raccontata attraverso gli occhi di sua moglie, Agnese Piraino, conosciuta come Agnese Borsellino. Parla della vita di lei, o meglio delle sue tante vita, come lei stessa racconta in questo libro: la vita di Agnese Borsellino prima e dopo aver conosciuto Paolo e  dopo la tragica morte di lui.

Dalle prime pagine di questo libro, scritto insieme al giornalista Salvo Palazzolo,  ho iniziato a piangere e ho continuato a farlo per ogni pagina, fino all’ultima. Ho avuto difficoltà a leggerlo, perché ogni parola mi entrava dentro, mi rattristava, mi dava rabbia, ma allo stesso tempo mi stimolava ad andare avanti e a credere nei miei sogni.  Lo ha fatto la signora Agnese, con le sue parole scritte durante gli ultimi giorni della sua vita, mentre una terribile malattia la portava sempre più lontana dalla vita terrena e sempre più vicina al suo amato Paolo.

Parole che  sembrano quasi una preghiera, una supplica a smuovere le coscienze di chi lo ha tradito, di chi lo ha conosciuto, di chi lo ha fatto solo tramite i media, dei giovani che credono nei valori della legalità, di chi non ci crede o non ci crede più e di chi va via dalla Sicilia in cerca di lavoro.

Agnese, una donna di altri tempi, coraggiosa e tenace fino alla fine, che attraverso le sue parole desidera conoscere la verità su chi ha ucciso veramente suo marito. Non solo la mafia, come dice lei stessa, ma qualcuno che stava ai vertici dello Stato. La mafia ha agito, ma sotto mandato di qualcun altro. Chiede che sia fatta giustizia, perché uno Stato che non da giustizia non è un vero Stato.

Paolo Borsellino, che ha dato la vita per lo Stato, per la patria, per i valori in cui credeva e che è stato lasciato solo da chi invece doveva proteggerlo. Un uomo, che amava la sua famiglia, che rispettava sua moglie, che era un esempio per i suoi figli,  che amava il suo lavoro, che amava scherzare, guardare il mare e sentirsi libero. La libertà che invece gli è stata tolta.

Alcune parole della signora  Agnese: “Vergogna. Come si fa a non proteggere, in tutti i sensi, chi fa il proprio dovere? Gli italiani dovrebbero indignarsi. E invece non ci si indigna più. Il senso della vergogna sembra essere andato perduto.”

Il 23 maggio 1992 fu ucciso nella strage di Capaci il giudice Giovanni Falcone con la moglie Francesca Morvillo e tre uomini della scorta: Antonio Montinaro, Rocco Di Cillo,Vito Schifani. Con lui  Paolo Borsellino aveva stretto un grande rapporto di amicizia e aveva lavorato a stretto contatto condividendo lotta,  isolamento e paura.

Prima di lui, tanti altri uomini che credevano nella giustizia e che lavoravano per lo Stato sono stati uccisi, tra cui il procuratore Rocco Chinnici che istituì il “Pool antimafia”.

Nomi che sono ricordati a Palermo attraverso targhe o parchi e giardini intitolati a loro, ma senza sapere chi sono stati e cosa hanno fatto realmente.

La storia raccontata da Agnese a Salvo Palazzolo mi ha fatto conoscere meglio i fatti accaduti dopo il 1978, l’anno in cui iniziò la loro vita blindata,  e leggendola ho avuto una sensazione di impotenza, la stessa che quegli uomini e quelle donne, vittime di una potere senza scrupoli, hanno sentito prima di morire. Lo sentiva Paolo che negli ultimi giorni della sua vita dopo la morte dell’amico Giovanni Falcone disse a sua moglie: ”Per me è finita”. O ancora ritornando da un viaggio a Roma: ”Ho respirato aria di morte”.

“Gioia mia”, come diceva la signora Agnese mentre raccontava di quei giorni, con la tristezza e un dolore ancora vivo, nonostante fossero passati più di vent’anni dalla sua morte, “è come se tu fossi ancora qui, come se non ti avessero mai portato via da me”.

Il 19 luglio 1992 Paolo Borsellino e i cinque agenti di scorta, Agostino Catalano, Emanuela Loi, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina e Claudio Traina,  vengono fatti saltare in aria in via D’amelio. Strappati alla vita, alle loro famiglie, a ciò in cui credevano: la libertà e la giustizia.

 Il giorno che è morto gli hanno trovato le scarpe bucate, perché lui era una persona semplice, quasi umile. Una sua collega mi sussurò: ”Prendi le scarpe del matrimonio, mettiamo quelle”. Lui le aveva conservate con cura in una scatola. Ma sono servite a poco, perché Paolo non aveva più le gambe, e neanche le braccia, il suo corpo era stato dilaniato dall’esplosione.

Quel giorno mi trovavo in vacanza con la mia famiglia. Non posso dimenticarlo, perché  fu l’ultima vacanza che trascorsi con tutta la mia famiglia. Ma questa è un’altra storia.

Mi ricordo che stavo mangiando un gelato insieme ad un amichetta e a suo padre: entrambi di Roma. C’era uno strano vociare: era appena giunta la notizia che un altro magistrato era stato ucciso a Palermo.

Il padre della mia amica mi guardò e mi diede la notizia. Poi aggiunse: “Difficile la vita dalle tue parti. Uccidono e nessuno fa niente”. Io lo guardai, ero solo una ragazzina, ma mi sentii triste e arrabbiata. Quasi che la colpa fosse mia, che ero una siciliana.  Perché dovevano succedere quelle brutte cose, perché nessuno faceva niente per cambiarle? La mia bella vacanza fu segnata da questo terribile fatto di cronaca che cambiò la vita di tanta gente e delle famiglie degli uccisi. Cambiò la vita di Agnese e dei suoi figli per sempre.

Paolo credeva nel valore delle carovane, delle fiaccolate , perché coinvolgono tanta gente, soprattutto i giovani”. Lui amava dire: “Queste iniziative coinvolgono il popolo. E la lotta alla mafia deve essere una lotta di popolo, altrimenti non lascerà mai il segno.”

Proprio per non dimenticare ho scoperto, leggendo il libro, che esiste un gruppo Facebook: Fraterno sostegno ad Agnese Borsellino, una grande piazza della resistenza alla mafia.  https://www.facebook.com/groups/fraternosostegnoadagnese/?ref=ts&fref=ts

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Mi piacerebbe che questo libro, così pieno di umanità, fosse letto nelle scuole superiori, in modo che i ragazzi di oggi, uomini e donne di domani, possano conoscere la verità. La verità sugli uomini e le donne che hanno dato la propria vita per l’amore di giustizia senza farsi sopraffare dalla paura. In modo che queste pagine, raccontate con fervore, possano entrare nel cuore dei giovani, perché come diceva Paolo Borsellino alla sua amata Agnese: “Ti racconterò tutte le storie che potrò. Così il nostro sarà un romanzo che non finirà mai, sino a quando io vivrò”. Lasciamo che Paolo e Agnese Borsellino vivano per sempre.

Per questo il mio voto non può che essere:

5 pinguini lettori.

L.M

2 pensieri su “Ti racconterò tutte le storie che potrò-Agnese Borsellino con Salvo Palazzolo

  1. L.Mart

    Che dire Lucia? Mi lasci senza parole! Questa, tra le tue recensioni, è quella che mi suscita un vortice di emozioni…sarà per via delle mie origini, del mio vissuto, della mia “fuga”…di fatti, ho notato che lo stesso vortice ha travolto anche te e sei riuscita ad esternarlo con il “tono” delle tue parole scritte. Di certo, mi concedero’ questa lettura…grazie!

  2. Lucia Autore articolo

    Grazie a te, L. Mart. Speravo proprio che la mia recensione suscitasse queste emozioni. E’ un libro scitto con l’anima. Lo consiglio, soprattutto ai siciliani.

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